Origini e area di produzione
Le origini della ricotta romana sono antichissime e riferimenti storici risalgono a Marco Porzio Catone che raccolse le norme che regolavano la pastorizia nella Roma repubblicana dove il latte di pecora aveva tre destinazioni: religiosa, come bevanda e la trasformazione in formaggi con l’uso residuo del siero per ottenere appunto la ricotta. Il disciplinare di produzione prevede che il siero debba essere ottenuto da latte intero di pecora proveniente dal territorio della regione Lazio e le operazioni di lavorazione, trasformazione e condizionamento dello stesso in ricotta romana devono avvenire nel solo territorio della regione Lazio. La Ricotta Romana DOP è identificabile dal logo che contiene una testa di ovino e le scritte “ricotta” in giallo e “romana” in rosso. La Denominazione di Origine Protetta è stata riconosciuta il 13 maggio 2005.
Caratteristiche e fasi di produzione
Gastronomia e vini consigliati
Consorzio di Tutela Ricotta Romana DOP Via Lanciani, 38 00162 Roma
Disciplinare di produzione – Ricotta Romana DOP
Articolo 2. Descrizione del prodotto All’atto dell’immissione al consumo la “Ricotta Romana” presenta le seguenti caratteristiche: prodotto: fresco; pasta: bianca, a struttura grumosa; sapore: dolciastro di latte; pezzatura: fino a 2 Kg; contenuto lipidico: 40% sulla materia secca.
Articolo 3. Delimitazione dell’area di produzione Il siero deve essere ottenuto da latte intero di pecora proveniente dal territorio della Regione Lazio. Le operazioni di lavorazione-trasformazione dello, stesso in “Ricotta Romana” devono avvenire nel solo territorio della Regione Lazio, come meglio individuato dalla cartografia allegata.
Articolo 4. Elementi comprovanti l’origine del prodotto Gli elementi che comprovano l’origine del prodotto sono costituiti da: 1. Riferimenti storici, che risalgono a tempi antichissimi: M.P. Catone raccolse le norme che regolano l’usufrutto della pastorizia nella Roma repubblicana. Il latte di pecora aveva tre destinazioni: religiosa/sacrificale; alimentare come bevanda; trasformazione in formaggi di pecora freschi e stagionati e l’utilizzo del siero residuo per ottenere la ricotta; Galeno al cap. XVII del libro degli alimenti “Della natura et vertu di cibi” (1572), precisa “ciò che presso Galeno ed i Greci era detto oxygala è ciò che noi, ora chiamiamo ricotta”; Mario Vizzardi, nel suo libro “Formaggi italiani”, sostiene che la ricotta sia originaria della agro romano e la sua diffusione si deve a S. Francesco d’Assisi, il quale trovandosi nel 1223 in una località laziale per la realizzazione di un presepio, insegnò ai pastori l’arte di produrre la ricotta; Columella, nel VII capitolo del “De re rustica”, descrive le tecniche casearie della ricotta; Ercole Metalli, in “Usi e costumi della campagna romana”, anno1903, parlando dei pecorari riporta “… Pongono poi nuovamente la caldaia al fuoco per estrarne la ricotta, … La ricotta, insieme a poco pane, rappresenta il loro esclusivo alimento…”; Trinchieri in “Vita di pastori nella Campagna Romana”, anno 1953, descrive le tecniche di produzione della ricotta romana; Tomasetti nel suo libro “La campagna romana”, anno 1910, riporta quanto segue “Quanto allo stato del pecoraio… la sua paga è, fra generi e denaro, di una lira e cinquanta centesimo al giorno, oltre il pane, il sale, la ricotta e la polenta”; R. Marracino, nel suo libro “Tecnica lattiero-casearia” anno- 1962, riferendosi al 1950, nel cap. XXII “la rinomata ricotta in salvietta romana altra non è che la prima affiorata, da un siero ricco di grasso, e che è la più pastosa, la più grassa, la più fiene e saporita”. 2. Riferimenti culturali: nella mostra “Migrazione e lavoro” storia visiva della Campagna Romana del 1900, a cura della Cooperativa Pagliaccetto, troviamo numerose fotografie raffiguranti pecorari che mangiano la ricotta contenuta nella fiscella; Tomasetti nel suo libro “La Campagna romana” anno 1910, riporta quanto segue “Ad alcuni Santi si sono attribuite protezione speciali, tuttora riconosciute dai campagnoli; a S. Martino, per esempio, quella delle bestie cornute e della ricotta…”; Ercole Metalli, nel suo libro “Usi e costumi della campagna romana”, anno 1903, mette in evidenza, come durante la pratica della transumanza e monticazione, il vergaro all’arrivo della masseria in un luogo di sosta, offra in regalo un pò di “ricotta che durante il viaggio il vergaro facilmente dispensa”; dalla raccolta di usi e di consuetudini vigenti nella provincia di Roma della CCIAA dell’anno 1951, al capitolo X, si mettono in evidenza i modi, le forme di contrattazione, di compra-vendita della ricotta; Trinchieri in “Vita di pastori nella Campagna Romana”, anno 1953, descrive il pasto dei pastori “Acqua cotta… ai pastori veniva somministrato per pasto solo pane e ricotta. Il primo nel quantitativo di un chilo a persona, la seconda nella quantità di una cucchiarata colma… Il caciaro aveva l’incarico di somministrare la ricotta”; Romolo Trinchieri in “Vita dei pastori nella Campagna Romana”, del 1953, ci descrive la capanna dei pastori: “C’è quindi una capanna principale che sovrasta per altezza e dimensione le altre, nella quale abitano i pastori senza famiglia, dove si fa la cucina collettiva e dove si lavora iI formaggio e la ricotta”. 3. Riferimenti statistici: la presenza del prodotto sui mercati dell’intera regione Lazio, è avvalorata dai dati rilevati sui mercuriali delle rispettive CCIAA di Roma dal 1922-1965, di Viterbo dal 1949-1973, di Frosinone dal 1955-1999, di Latina dal 1951-1977; dalla Borsa merci della CCIAA di Roma si nota la variazione di prezzo che tale prodotto ha subito dal 1952 al 1998. 4. Riferimenti sociali ed economici, quali la presenza di produttori che da anni effettuano questo tipo di produzione: la tenuta di Castel di Guido: da una comunicazione del direttore; l’azienda produceva nel 1969 circa 3500 litri di latte di pecora; questo in parte veniva venduto tal quale ed in parte utilizzato per la produzione di ricotta romana, come si evince dalla contabilità di masseria siglata dal vergaro e dal direttore nel 1958, 1960 e nel 1965; la masseria Gasparri, dai cui libri contabili si mette in evidenza il prezzo al chilo e i chilogrammi totali prodotti di ricotta romana nelle stagioni agrarie che vanno dal 1907 (prezzo di 70 centesimi al chilo fino al 15 marzo e a 45 centesimi dopo il 15 marzo, per un totale di 850 kg) al 1924 (produzione totale di 932,5 kg). 5. Riferimenti folkloristici: da circa 30 anni si svolge, nel comune di Barbarano Romano (Viterbo) la festa campestre dell’attozzata (Ricotta di Pecora); dal 1978 si svolge nel comune di Fiamignano (Rieti) la “Mostra Rassegna Ovina” con Sagra della pecora e dei suoi prodotti. 6. Riferimenti gastronomici: la Ricotta Romana, oltre ad essere consumata come pietanza a sé, trova largo uso come ingrediente di piatti tradizionali laziali. L’origine è comprovata, inoltre, dall’iscrizione degli allevatori, dei produttori e confezionatori in appositi elenchi tenuti ed aggiornati dall’organismo di controllo di cui all’art. 7.
Articolo 5. Metodo di ottenimento del prodotto Materia prima. La materia prima della “Ricotta Romana” è costituita dal siero di latte intero di pecora delle razze più diffuse nell’area geografica di cui all’art. 3, quali: Sarda e suoi incroci, Comisana e suoi incroci, Sopravvissana e suoi incroci, Massese e suoi incroci. Il siero, componente liquida della coagulazione del latte, deve essere ottenuto dal meccanismo di spurgo, dovuto alla rottura della cagliata destinata alla produzione dei, formaggi pecorini ottenuti da latte di pecore proveniente dal territorio di cui all’art. 3. Il siero risulta essere “dolce”, grazie al tipo di alimentazione delle pecore da latte, costituita da foraggi di pascoli naturali, prati pascoli ed erbai caratteristici del territorio della regione Lazio. Il prodotto che ne deriva, la “Ricotta Romana” assume un caratteristico sapore dolciastro che la distingue da ogni altro tipo di ricotta. Il siero di latte intero ovino ha una colorazione giallo pallido e contiene: residuo secco magro: non inferiore al 5,37%; proteine: non inferiore a 1,09%; grasso: non inferiore a 0,35%; lattosio: non inferiore a 3,55%; ceneri: non inferiore a 0,4% Per la produzione della “Ricotta Romana” è consentita, net corso del processo di riscaldamento, del siero, a temperatura tra i 50-600C, l’aggiunta di latte intero di pecora proveniente dalle razze sopra citate e dall’areale di cui all’art. 3, fino al 15% del volume totale del siero. Nel periodo estivo, quando l’animale si trova nello stadio fisiologico di asciutta, è consentita la tradizionale pratica della monticazione. L’alimentazione delle pecore da latte è costituita da pascoli, prati-pascolo ed erbai tipici dell’area geografica di produzione di cui all’art. 3. È ammesso il ricorso all’integrazione con foraggi secchi e con concentrati, escludendo l’utilizzo di sostanze di sintesi e di organismi geneticamente modificati. Le pecore da latte non devono essere soggette a forzature alimentari, a stress ambientali e/o sofisticazioni ormonali, finalizzate ad incrementare la produzione. Metodo di produzione. Il siero, senza aggiunta di correttori di acidità, viene riscaldato a 85-900C e mantenuto in lieve agitazione. Il riscaldamento, che in genere avviene nelle stesse caldaie in cui si è prodotto il formaggio, favorisce la precipitazione e la coagulazione delle sieroproteine e quindi il loro affioramento sottoforma di piccoli fiocchi. Il loro, consolidamento superficiale, in una fioritura, bianca stratificata, avviene sospendendo, per circa cinque minuti, il riscaldamento. L’affioramento viene separato dalla scotta. Successivamente si procede con la raccolta della ricotta che viene posta in fuscelle forate, di forma tronco-conica, per 8-24 ore per favorire ulteriormente lo spurgo della scotta. Il prodotto scolato viene fatto asciugare in locali freschi. La ricotta che ne deriva presenta una struttura molto fine, un colore più marcato di quello vaccino ed un sapore delicato e dolciastro.
Articolo 6. Elementi che comprovano il legame con l’ambiente Le condizioni di allevamento degli ovini e di trasformazione del formaggio, devono essere quelle tradizionali della zona, e comunque, atte a conferire al latte e al prodotto derivato le sue specifiche caratteristiche. Gli elementi che comprovano il legame con l’ambiente sono rappresentati da: fattori naturali. L’intero territorio della regione Lazio permette, con le proprie caratteristiche pedo-climatiche, quali: rilievi di varia natura (monti calcarei, vulcanici, colline, pianure alluvionali); temperatura media annuale variabile tra 13-160C; precipitazioni annuali comprese tra valori minimi di 650 mm lungo la fascia litoranea, di 1.000-1.500 mm nelle pianure interne fino ai 1.800-2.000 mm in corrispondenza del Terminillo e dei Simbruini; di sfruttare le condizione migliori per l’allevamento degli ovini, senza provocare stress all’animale. I fattori naturali consentono di utilizzare i prati naturali e prati-pascolo, fonte alimentare per gli ovini, in modo da conferire particolari qualità al latte destinato alla trasformazione casearia, determinando un sinergismo eccezionalmente favorevole oltre che per la qualità anche per l’omogeneità dei suoi caratteri. Questo tipo di alimentazione, abbinato alle favorevoli condizioni ambientali di allevamento, caratterizza il prodotto, in modo tale da distinguere la ricotta romana dal resto delle ricotte. Fattori Umani. È possibile evidenziare due momenti fondamentali per la caratterizzazione qualitativa del prodotto: la rottura della cagliata, dettata dalle capacità operative dei casari, frutto dell’abilità e dell’esperienza tramandata da secoli nell’intera zona interessata dalla D.O.P; la tradizionale pratica della monticazione, che permette all’animale di sfuggire alla calura estiva e di conseguenza ai possibili stress ambientali e nutrizionali, che soffrirebbe in pianura. Le pecore, risentendo positivamente di tali fattori, anche appena riscendono a valle, producono latte di ottima qualità, influenzando direttamente la qualità del formaggio ottenuto dallo stesso.
Articolo 7. Controlli Il controllo sulla conformità del prodotto, al disciplinare è svolto, conformemente a quanto stabilito dall’art. 10 del regolamento CEE 2081/1992.
Articolo 8. Confezionamento ed etichettatura Il confezionamento del prodotto deve avvenire nell’ambito del territorio di cui all’art. 3. La “Ricotta Romana” viene confezionata in cestelli tronco-conici di vimini, di plastica o di metallo di capacità massima di 2 kg. La facciata superiore del cestello viene ricoperta da un foglio di plastica. Sono consentite altre tipologie di confezionamento: avvolta con carta pergamena; contenitori di plastica e/o sottovuoto. La confezione reca obbligatoriamente sulla etichetta a caratteri stampa chiari e leggibili, oltre al simbolo grafico comunitario e relative menzioni (in conformità, alle prescrizioni del regolamento CEE 1726/98 e successive modifiche) e alle informazioni corrispondenti ai requisiti di legge le seguenti ulteriori indicazioni: la designazione “Ricotta Romana” deve essere apposta con caratteri significativamente maggiori, chiari ed indelebili, nettamente distinti da ogni altra scritta ed essere seguita dalla menzione denominazione origine protetta (D.O.P.); il nome, la ragione sociale, l’indirizzo dell’azienda produttrice e confezionatrice; il logo del prodotto è costituito – come da riproduzione riportata in allegato – da un perimetro quadrato formato, da tre linee di colore, a partire dall’esterno, verde, bianco e rosso, contenente all’interno una testa di ovino stilizzata tra le due lettere “R” maiuscole e rispettivamente di colore giallo, quella di sinistra; rosso, quella di destra. Il perimetro del quadrato del logo, è interrotto: lateralmente dalla lettera “R” di color rosso ed in basso dalla sigla, in caratteri maiuscoli di colore rosso, “D.O.P.”. La denominazione del prodotto è posta in basso all’interno del perimetro del quadrato ed è costituita dalle parole in caratteri maiuscoli “RICOTTA” di colore giallo e “ROMANA” di colore rosso. È vietata l’aggiunta di qualsiasi altra qualificazione non prevista dal presente disciplinare ivi compresi gli aggettivi: fine, scelto, selezionato, superiore, genuino o comunque elogiativi del prodotto. È tuttavia ammesso l’utilizzo di indicazioni che facciano riferimento a marchi privati, purché questi non abbiano significato laudativo o siano tali da trarre in inganno il consumatore, dell’indicazione del nome dell’azienda dai cui allevamenti il prodotto deriva, nonché di altri riferimenti veritieri e documentabili che siano consentiti dalla normativa comunitaria, nazionale o regionale e non siano in contrasto con le finalità e i contenuti del presente disciplinare. La designazione “Ricotta Romana” è intraducibile.
Articolo 9. Logo